«Shakespeare?
NO!»
(L. Sterne,
Tristram Shandy, cap.
XII)
«A me non piace.»
(L.
Wittgenstein, Pensieri diversi)
Una forma
grave della dimenticanza è il successo: tanto
più è unanime, tanto più è oblio. Ogni lode
una frase in più per il dizionario dei luoghi
comuni: zolle sonnambule per seppellire il
testo riottoso sotto un cumulo di pace che
potremmo chiamare anche Canone della
Letteratura Universale. Molto meglio
allora la dissonanza d’un’onta.
Cose moto intelligenti
sull’inafferrabile Amleto
le hanno dette quelli che l’hanno odiato. Certo non è un caso:
tutti sappiamo che ci sono verità che si possono dire solo
offendendo; e che nella vita ogni tanto, specie tra gentlemen,
la maleducazione è dovuta. A quel punto, il problema sarà riuscire
a sostenere il grado non caramelloso della verità. - Ora è un
fatto che su Amleto
il coro unìsono di estatica stupefazione non solo è un caso
eclatante di falsa coscienza, ma un falso tout-court.
Appena sotto l’opaco e ipocrita OH! universale, come se un
essere o non essere alla mattina e uno alla sera sia
normale per tutti come un’ola allo stadio, c'è una vitalissima
guerra dei mille anni. Da sempre per
Amleto si commettono
eroismi e crimini. La cosa fascinosa è che a noi pare evidente che
il dramma stroncatissimo non solo abbia meritato tutte le sue
calunnie, ma che le abbia fomentate: pare fatto apposta per
attirarle come il miele le mosche. «La Gioconda» della letteratura
mondiale (T. S. Eliot) è
stata un’infinità di volte dileggiata, edulcorata, riscritta,
censurata, idolatrata bassamente. Hanno più glosse i suoi versi
che cicatrici il testone di Moby Dick, ed è chiaro che il testo se
ne vanta come di un blasone piratesco.
Amleto ha non solo
subito, ma preteso tutti gli equivoci dell’odio e dell’amore
geloso. Né gli bastò: s’è abbassato a cercare l’ecolalica
ammirazione scolastica e la burocratica anatomia accademica delle
sue peggiori frattaglie: basta comprare anche la più economica
delle versioni per costatare questa bieca fame di unanimità.
Si riconoscerà che bisogna avere
una forza vitale abnorme già solo per causare e sostenere tutto
questo: figurarsi poi per sfuggirne subito dopo a gambe levate
come un Pinocchio dal suo falegname. Più che altri testi persino
altrettanto cosmici, Amleto
ci si è svelato insomma un capolavoro dai pudori puttaneschi: più
che una «Gioconda», una Manon Lescaut equivoca e connivente, del
tutto complice coi suoi - citiamo una figura celebre di Amleto -
suonatori di piffero.
Il che, va da sé, ci affascina
più di qualunque castità.
*°*
Valgono sempre per queste
«scritture al limone» (M. Praz)
due regole oneste: si legge e si scrive «in nome di una
descrizione più esigente» (J. Derrida);
e, sapendo che non si renderà mai giustizia a Shakespeare,
«dovremmo almeno cambiare, di tanto in tanto, i metodi con cui gli
facciamo ingiustizia» (T. S. Eliot).
Le
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